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Fucile Vr Ps4 Aim Controller
il PlayStation Aim, controller che ha il compito di replicare il fucile che il protagonista dell'avventura strige costantemente tra le mani.
L'arrivo di questa periferica, se non altro dimostra una volta di più quanto possano essere utili strumenti di questo tipo per l'immersività: così come l'utilizzo dei Move (o degli Oculus Touch, nel caso del visore di Facebook) rende molto più naturale e avvolgente l'interazione con gli ambienti virtuali, con il PlayStation Aim, molto semplicemente, si spara alla grande. Il tracciamento del controller è preciso e reattivo, le vibrazioni sottolineano in maniera convincente l'esplosione dei colpi, i giroscopi integrati permettono di girare sotto il proprio naso il modello del fucile, osservandone tutti i minimi dettagli.
In quanto furioso estimatore della compianta G-Con e di tutta la sua line-up (da Point Blank a Time Crisis), devo riconoscere che in ambito videoludico non si è mai sparato così. Con così tanto trasporto, precisione, coinvolgimento. Durante gli scontri con gli alieni ci si trova a cercare il punto di fuoco sul mirino olografico, spostando la testa verso il fucile, muovendolo lungo l'asse orizzontale, e insomma rapportandosi fisicamente con l'arma che stiamo imbracciando. Ne esce un'esperienza di gioco in qualche modo unica, che potremmo quasi considerare una diretta (e naturale) evoluzione degli shooter on-rail: perché qui non contano solo i riflessi, ma anche la mira, quella vera. E anche perché i ritmi della progressione, in fondo, sono abbastanza lontani da quelli di un first person shooter tradizionale. Usando lo stick analogico posizionato sull'impugnatura del PlayStation Aim è possibile spostarsi, ma la velocità di movimento è molto contenuta, e soprattutto la struttura degli ambienti sembra pensata per suggerire un avanzamento lineare. Quello che succede, quando si impara ad utilizzare le coperture, è che si tende a trovare una zona riparata e uscire ad intervalli regolari, facendo fuoco sugli avversari. L'approccio non è comunque identico a quello del già citato Time Crisis, anche solo per la possibilità di cambiare arma, allontanarsi dai pericoli, cambiare spesso e volentieri punto di fuoco. Un certo grado di libertà, insomma, è abbondantemente previsto, ma ecco: Farpoint sembra quasi un ibrido fra un fps tradizionale ed uno shooter on-rail, il punto d'incontro fra queste due tipologie di prodotti.
Il fatto che gli spostamenti non siano troppo rapidi, in ogni caso, riduce al massimo il rischio di motion sickness, che non abbiamo avvertito neppure durante prolungate sezioni di gioco. La schermata delle opzioni non è troppo ricca, ma permette comunque di regolare la funzione del secondo stick analogico, così da far scegliere al giocatore se le rotazioni del personaggio sono gestite esclusivamente dal movimento della testa, o se invece preferisce "aiutarsi" con la levetta (questa seconda opzione è probabilmente la migliore, anche se non è quella che il team di sviluppo ha identificato come configurazione standard).
In Farpoint, in ogni caso, il giocatore non è chiamato solamente a sparare, ma anzi anche a seguire una storia inaspettatamente intrigante.

L'utente impersona un pilota incaricato di recuperare due astronauti di stanza in una base spaziale, intenti come il resto dell'equipaggio a studiare una strana anomalia cosmica. Proprio durante la sequenza iniziale l'anomalia si trasforma improvvisamente in uno wormhole, che risucchia tutta la stazione e la trascina su un misterioso pianeta desertico. Da qui in avanti la storia procederà grazie a ricostruzioni olografiche e registrazioni tridimensionali, che ci permetteranno di seguire più da vicino le disavventure di Eva Tyson e Grant Moon, sulle cui tracce si muove appunto il nostro eroe. Il racconto, sorprendentemente, è ben diretto e trascinante: raccogliendo suggestioni da The Martian e Interstellar, ci presenta in maniera molto ludica i due personaggi, le loro scoperte, e tutte le reazioni psicologiche dei sopravvissuti. Sebbene i momenti dedicati alla narrazione restino completamente scissi dalle fasi d'azione, segnando una nettissima separazione fra racconto e gameplay che negli ultimi anni il videogioco ha cercato di superare, la storia risulta molto efficace, a tratti persino toccante.
Mentre si evolve il racconto, intanto, lo fa anche la componente ludica. Inizialmente il protagonista avrà a disposizione soltanto un mitragliatore, con proiettili infiniti ma qualche problema di surriscaldamento.
Non mancherà molto perché si finisca per mettere le mani su un fucile a pompa, devastante a corto raggio, e unica arma in grado di perforare il carapace degli schifosi insetti corazzati che cercheranno di darci il tormento. Andando avanti non solo troveremo nuovi nemici, tra mech bipedi ed una razza aliena piuttosto aggressiva, ma potremo anche recuperare nuove armi. Sarà possibile trasportarne soltanto due, e passare da una all'altra spostando il fucile sopra la spalla, come se stessimo raggiungendo un fucile appeso dietro la schiena. Tra una pistola al plasma in grado di materializzare uno scudo frontale, un fucile da cecchino capace di segnalare quando un bersaglio è sotto tiro, ed un lanciadardi che spara schegge esplosive, la varietà è tutto sommato buona. Quello che non convince, purtroppo, è l'ultima parte dell'avventura. Una volta svelato il colpo di scena che regge tutto il racconto, difatti, Farpoint corre spedito verso la fine, mettendo di fronte al giocatore scontri sempre più estesi, intensi, serrati. L'arrivo di nemici che rispondono al fuoco (invece di chiudere le distanze come gli insettoidi affrontati nelle fasi iniziali), impone di allungare la distanza di tiro, scontrandosi in maniera a tratti evidente con il problema della risoluzione non proprio lusinghiera dello schermo di PlayStation VR. Ogni tanto risulta complesso distinguere gli elementi in lontananza, e viene quasi naturale avvicinarsi esponendosi al fuoco nemico (e quindi a frequenti e improvvisi Game Over). C'è poi da dire che le fasi più chiassose e spettacolarizzate sono anche quelle più confusionarie, e insomma che da un certo momento in poi Farpoint perde quel piacevole bilanciamento fra racconto e azione che lo aveva reso così intrigante.
Nell'economia di una campagna che dura sei ore, il problema è ancora più evidente: soprattutto se poi il finale risulta molto debole, inconcludente, quasi affrettato, in controtendenza con il resto del racconto. Farpoint avrebbe potuto fare molto meglio, proporci qualche altra boss fight (ce n'è una sola, ed è uno dei momenti migliori dell'avventura), e allungare il racconto di qualche altra ora, cercando quindi di prendersi i suoi tempi (e di mettere a tacere chi si lamenta della scarsa longevità dei prodotti VR).