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Hitman 3 PS4
Passano gli anni, ma 47 non accenna a invecchiare. Il suo sguardo di ghiaccio resta ancora penetrante, imperscrutabile e paralizzante, più letale di un proiettile sputato dalla canna silenziata di una pistola ICA19. Nonostante il tempo trascorso, il più grande assassino dell'universo videoludico non ha perso un briciolo del suo carisma, nonché della sua straordinaria abilità omicida. Ancora una volta al servizio di IO Interactive, l'Agente 47 indossa nuovamente i propri "abiti da lavoro" e riprende la caccia a La Costante in Hitman 3, quello che allo stato attuale rappresenta l'ultimo capitolo della nuova trilogia iniziata nel 2016 (vi suggeriamo, a tal proposito, di recuperare la nostra recensione di Hitman, il reboot di cinque anni fa).
È dunque giunto il momento di chiudere tutti i conti in sospeso con il passato, eliminando qualsiasi bersaglio che si frapporrà tra noi e il nostro obiettivo finale. Per farlo, avremo ovviamente a disposizione una miriade di possibilità, da sfruttare in ambienti sandbox che si pongono in linea con le logiche ludiche dei due precedenti capitoli, all'insegna dell'enorme libertà d'azione e della perversa creatività assassina.
L'omicidio è una faccenda personale
Rendere più "umana" una macchina da guerra come 47 non è un'impresa facile. Nel tempo, e nei giochi di cui è stato protagonista, la sua figura ha assunto una dimensione via via più complessa, come potete approfondire leggendo lo speciale Hitman: vita e opere del sicario più famoso della storia.
Il secondo capitolo di questo nuovo corso ha provato, pur con tutti i suoi limiti, a scavare leggermente nel passato dell'Agente 47 e della sua socia Diana Burnwood: nel terzo episodio, li ritroviamo esattamente dove li avevamo lasciati, intenti a radere al suolo l'organizzazione di Providence, e nello specifico l'eminenza grigia che tutto controlla, gestisce e comanda, ossia La Costante. E mentre i fantasmi del passato riemergono dall'ombra dei ricordi, il nostro assassino prediletto sceglie di risolvere i propri problemi nell'unico modo che sembra funzionare: uccidendo tutti, preferibilmente senza lasciar tracce. Benché nell'insieme l'impostazione narrativa appaia più elaborata di quanto visto in Hitman 2, complice l'introduzione di cinematiche propriamente dette, oltre che più rifinite sul piano della regia, bisogna comunque ammettere che anche questa terza incarnazione sfrutta il racconto come semplice e fugace filo conduttore tra le missioni. Inutile aspettarsi una sceneggiatura accuratamente concepita, né strabilianti colpi di scena: la vicenda prosegue per micro-sequenze sorrette da atmosfere da thriller e frasi a effetto, rapide, asciutte, che vanno dritte al punto, e alle volte non risultano neppure del tutto ben connesse tra di loro.
Ciò detto, la storia fa comunque il suo dovere, e chiude alcuni conti rimasti in sospeso, rivelandosi, senza infamia né lode, come una cornice che intrattiene a sufficienza, anche se in maniera un po' soporifera. È il finale, d'altro canto, a non averci soddisfatto: sebbene l'ordito narrativo di World of Assassination possa dirsi concluso, il modo sbrigativo con cui si annodano le trame del racconto e con il quale si cala (momentaneamente?) il sipario sull'Agente 47 ci ha lasciato con un evitabile senso di incompiutezza.
Uccidere è una questione di stile
Nell'ossatura del suo gameplay, Hitman 3 non manca (quasi) mai di centrare il bersaglio prefissato. Esattamente come nel secondo atto del trittico, IO Interactive ci mette dinanzi a sei scenari sandbox da esplorare liberamente alla ricerca delle soluzioni omicide più fantasiose ed efficienti possibili. Concentriamoci però subito sul primo, e più fastidioso, problema della Campagna in singolo: in realtà, a conti fatti, gli ambienti realmente aperti e pronti ad essere influenzati dalle decisioni del giocatore sono cinque.
L'ultimo stage è piuttosto lineare, decisamente semplice da completare e molto avaro in termini di sbocchi alternativi. Preferiamo, com'è ovvio, non anticiparvi alcunché e pertanto non ci dilungheremo eccessivamente nella disamina del livello conclusivo: vi basti sapere comunque che, per quanto simile struttura così limitata in rapporto alle precedenti location sia giustificata sul versante narrativo, nel complesso siamo convinti che il team avrebbe potuto trovare una soluzione più elegante per concludere la main story del gioco.
È vero che anche nei precedenti episodi non mancavano scenari meno riusciti di altri, con un'altalena qualitativa abbastanza palpabile, ma in Hitman 3 lo stacco tra il sesto stage e i cinque che lo precedono è fin troppo esteso. Se escludiamo il palcoscenico finale, tutto il pacchetto che compone l'offerta del titolo resta però davvero appagante sul piano del level design.
Da Dubai a Berlino, senza dimenticare una capatina tra le strade cinesi bagnate dalla pioggia e in un maniero tra le lande inglesi, avvolte dalla foschia, il mondo digitale costruito dal team ci è parso non solo bellissimo da vedere, ma anche profondamente stratificato. Alcune zone sono talmente tanto ampie (anche in verticale) e ricche di edifici esplorabili, da costruire una sorta di matrioska su più livelli, nei quali muoversi in totale libertà, scegliendo l'approccio più consono alle nostre volontà e valutando opzioni sempre nuove. Certo è che non tutte le location presentano la medesima estensione e il maniero di Dartmoore, per esempio, è molto meno vasto dell'incredibile Chongqing in Cina, ma - prescindendo dall'ampiezza- ad accomunare tutti i luoghi visitabili c'è la medesima attenzione per la planimetria, stracolma di vie d'accesso, nascondigli, zone segrete, scappatoie, punti di infiltrazione e ora persino scorciatoie.
Un ventaglio di opzioni che, nelle aree più riuscite, è in grado di lasciare esterrefatti. A chi avrà la pazienza di studiare l'intricatissimo level design di Hitman 3, anche rigiocando più e più volte la medesima missione, l'avventura potrà apparire fresca e stimolante. L'importante è approcciare l'esperienza nel modo corretto: affrettare gli omicidi, eliminare gli innocenti, compiere un massacro indiscriminato e fuggire a gambe levate rappresenta sì un insieme di soluzioni valide per completare gli incarichi, ma vivere in questa maniera un'opera sandbox come Hitman 3 equivale a sminuire la sostanza del suo gameplay.
Per impersonare l'assassino perfetto dovremo analizzare i pattern delle vittime e quello delle guardie del corpo, parlare con gli NPC, valutare gli stratagemmi migliori per proseguire (magari con l'aiuto di qualche gadget nuovo di zecca), superare i vari controlli senza far scattare nessun allarme, stare lontani dalle telecamere, e travestirci all'occorrenza, non prima di aver occultato i corpi dei malcapitati. E poi potremo procedere all'avvelenamento, allo strangolamento silenzioso, oppure piantare un cacciavite nella trachea di qualche membro di Providence, o ancora far sembrare il tutto un tragico incidente: le possibilità sono tantissime, e le chance di azione si fanno più numerose dopo ogni partita.
Completando le missioni, del resto, sbloccheremo nuovi punti della mappa da cui partire, strumenti e abiti inediti da portare con noi, e tutta una serie di vantaggi utili a variare la risoluzione dell'incarico.
Ne consegue che anche la longevità dipenderà strettamente dal modo nel quale decideremo di giocare: se sceglieremo di vivere l'esperienza nella maniera in cui è stata pensata, allora potrebbero volerci alcune ore anche solo per ripulire al meglio una singola area. Al pari, se non addirittura in misura maggiore, di come avveniva nel precedente episodio, in Hitman 3 la creatività è infatti stimolata e incentivata da una composizione ludica calcolata quasi sempre a menadito.
Storie di omicidi
Allo scopo di aiutarvi a prendere confidenza con le mappe, il team ha riproposto le ormai immancabili Storie che caratterizzano le varie attività: per eliminare ogni bersaglio potremo dunque seguire delle sotto trame costruite appositamente dagli sviluppatori, che non solo danno prova, a volte, di una sceneggiatura superiore a quella della main quest, ma che riescono persino ad ampliare il background narrativo dell'intero gioco. Non tutte le Storie sono ugualmente brillanti, ma alcune spiccano per una resa davvero da applausi: ci riferiamo, nello specifico, a quella ambientata tra le pareti della dimora inglese di Dartmoore, nella seconda missione, quando dovremo - se vorremo - risolvere un caso di omicidio prima di commetterne uno a nostra volta. L'offerta dell'AssassinoLa trilogia di World of Assassination è una piattaforma in evoluzione, e pertanto anche in Hitman 3 sarà possibile giocare nelle mappe dei primi due atti, a patto di possedere le apposite edizioni. Seguendo lo stesso principio, torna la modalità Sniper Assassin, in cui eliminare una serie di bersagli entro un tempo limite usando solo il fucile da cecchino, nelle mappe già saggiate in Hitman 2. Oltre alle missioni Escalation, fanno poi la loro ricomparsa anche i Contratti, da creare secondo le nostre regole di ingaggio o da terminare rispettando le imposizioni degli altri utenti. Non fa parte del pacchetto, invece, la modalità Ghost: un multiplayer 1vs1 i cui server sono stati chiusi in via definitiva. A questo link potete trovare invece il nostro speciale Hitman 3 su PlayStation VR.
Quando vi sarete stancati di seguire questi eventi scriptati, potrete darvi alla pazza gioia, lasciando la fantasia a briglie sciolte e trovando i metodi più adatti per terminare i vostri bersagli. Insomma, Hitman 3 è la naturale prosecuzione dell'intelaiatura ludica della serie (se volete saperne di più, leggete la nostra recensione di Hitman 2), ne rifinisce qualche difetto e ne mantiene altri inalterati, ereditati di peso dalle passate incarnazioni. È il caso, ad esempio, di un'intelligenza artificiale che, a tratti, si cimenta in pattern non proprio verosimili, che rischiano di invalidare un approccio ben costruito. Un'altra mancanza persistente è connessa poi alle fasi shooter. Lo evidenziamo per scrupolo di chiarezza: Hitman 3 non è uno sparatutto, e ricorrere alle armi da fuoco non è mai la soluzione migliore. Tuttavia, dato che viene comunque concessa la facoltà di riempire i target di proiettili senza badare alla discrezione, avremmo gradito un perfezionamento degli scontri a fuoco, ancora ingessati, un po' imprecisi e piagati da un'IA che, quando attacca a testa bassa, diventa semplice carne da macello. Poco male, in fondo: l'Agente 47 si trova più a suo agio con un cavo di fibra, che con un fucile a pompa.
Grafica che abbaglia, DualSense che spara
Il salto qualitativo compiuto sul versante grafico è visibile ma non certo rivoluzionario. Su PC Hitman 3 si mantiene fluido e scalabile, presenta un uso eccellente dei riflessi e una cornice artistica francamente invidiabile. Le ambientazioni, molto estese e prive di tempi di caricamento tra una zona e l'altra, sono tutte ottimamente diversificate, sia nella struttura che nell'art design, garantendo una varietà notevole e piuttosto stimolante.
Meno evidenti invece le migliorie apportate alle animazioni (le fasi di arrampicata sono francamente poco piacevoli) e ai modelli poligonali degli NPC. Visto il gran quantitativo di personaggi a schermo e la solida fluidità dell'azione, in ogni caso, si tratta di mancanze più che perdonabili, a fronte di una resa visiva di sicuro impatto. La versione PS5, dal canto suo, si difende a dovere, proponendo un colpo d'occhio che, pur con qualche compromesso, si assesta su buoni livelli. A fare la differenza, nel caso della console next gen di Sony, è prevedibilmente l'uso del Dualsense: il feedback aptico restituisce una timida vibrazione durante il corpo a corpo e negli strangolamenti, mentre i grilletti adattivi mostrano una resistenza differente in base alle armi impugnate. Nulla che cambi in modo significativo l'approccio sensoriale all'esperienza, soprattutto considerando quanto poco si dovrebbero usare le armi da fuoco, ma nel complesso si figura come un'implementazione alquanto dignitosa.