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Raid PS4
RAID World War 2 Recensione: Payday ai tempi della Seconda Guerra Mondiale
RAID World War II punta a riproporre la stessa formula di gioco che rese celebre Payday calandola nel pieno del secondo conflitto mondiale.
Il setting bellico relativo al periodo 1939-1945 può essere considerato un evergreen. Non esiste un momento storico così "vicino" a noi che sia altrettanto ricco di fascino e sia stato rimaneggiato da così tanti media in grado di raccontarne ogni sua particellare sfaccettatura. Il medium videoludico, in particolare, ha permesso ai giocatori di "entrare" nel vivo del conflitto, ripercorrerlo, cambiarne le sorti e addirittura immaginare come sarebbe potuto essere il mondo con l'eventuale vittoria del totalitarismo germanico, in pieno stile ucronico. C'è stato un momento, insomma, in cui i titoli bellici a sfondo storico hanno dominato il mercato macinando vendite e incontrando il generale favore del pubblico. La saturazione era inevitabile e, dopo il fulgore, l'entusiasmo andò lentamente scemando.
Sotto lo strato di cenere, però, ardevano ancora le braci della passione e, dopo qualche anno di relativa calma, la seconda guerra mondiale sta tornando più in voga che mai. Basti pensare agli strategici, come Steel Division: Normandy '44, oppure ai first person shooter come l'imminente Call of Duty World War II, Enlisted, Battalion 1944 e Days of War. Tutti FPS canonici a cui, da qualche giorno, si è aggiunto un prodotto peculiare: RAID World War II. Il titolo, sviluppato da Lion Game Lion (giovanissimo team già al lavoro sui contenuti aggiuntivi di Payday 2) e pubblicato da Starbreeze, tenta maldestramente di appropriarsi della formula di gioco co-op che fece l'immensa fortuna di un certo Payday adagiandola sulla scena del secondo conflitto mondiale. Nonostante i furbi omaggi a opere come il tarantiniano Inglorious Basterds e gli sketch irriverenti dei Monty Python, resta il fatto che siamo di fronte a qualcosa di ampiamente visto. Abbiamo voluto attendere che i server si popolassero un po' per testare a dovere il titolo e pronunciarci in maniera definitiva.
Quello sporco quartetto
L'idea che sta alla base di RAID World War II è quanto mai intrigante - seppur già vista, come dicevamo - e ci mette di fronte a un obiettivo diverso dal solito e cerca di prende le distanze dal canoni degli FPS tradizionali che si "limitano" a farci sfoltire le fila naziste a suon di piombo fumante. Il concept, insomma, riprende quello già proposto molti anni fa da Overkill Software con il già citato Payday. Incaricata dal comando britannico, una squadra molto speciale (chiamata, appunto, RAID) composta da quattro iconici elementi si trova ad affrontare missioni ad alto rischio (diciamo pure senza alcuna percentuale di sopravvivenza) nel cuore del territorio nazista.
Parliamo di azioni di sabotaggio alle industrie belliche nemiche, blitz di salvataggio, distruzione di un Zeppelin o di qualche Tiger, furto di progetti segreto od oggetti d'arte trafugati da qualche avido gerarca e così via. Insomma, di materiale per solleticarci il palato e la fantasia, sulla carta ce n'é in abbondanza. Lo stesso filmato introduttivo, con il mitico John Cleese nei panni di Controllo (il comandante in capo delle operazioni) riesce a caricarci di aspettative e illusioni che, in un batter d'occhio, si squagliano come neve al sole non appena arriviamo al sodo.
Sin dalla breve schermaglia con le truppe dell'Asse, che funge da tutorial e ci permette di approntare il campo base, ci coglie la fastidiosa sensazione che qualcosa non stia andando per il verso giusto. Viene naturale accostare RAID, ovviamente con le dovute distinzioni, a quel Payday (e al suo imperdibile seguito) che tanto ha saputo stupire tempo fa. E qui iniziano le prime magagne, perché anche se la struttura ludica ricorda - sotto quasi ogni aspetto - il pluripremiato titolo di Overkill Software, RAID World War II non riesce minimamente ad avvicinarsi alla cura che caratterizzava quest'ultimo. Lo possiamo notare sin dai primi passi mossi all'interno del Covo segreto, dove troviamo tutto il necessario per creare e personalizzare l'equipaggiamento di una tra le quattro classi attualmente a disposizione, personalizzare l'accampamento con i lingotti sottratti ai nazisti, scegliere una missione da affrontare in compagnia dell'Intelligenza Artificiale, oppure partecipare a una partita con altri giocatori umani. Anche RAID, come avrete capito, scommette tutto su un'esperienza co-op tralasciando del tutto il single player. Ad ogni modo, sin dall'HUB il titolo evidenzia, in un sol colpo, tutte le sue carenze.
Le quattro classi, ad esempio, presentano differenze impercettibili che divengono marcate unicamente sotto il mero profilo estetico, mentre le armi sono davvero esigue e, giocoforza, prive di accessori particolari con cui potenziarle. Le caratteristiche di ogni arma possono, infatti, essere migliorate solo completando le sfide proposte che, come al solito, si sostanziano in un determinato numero di colpi alla testa o senza prendere la mira e così via.
Manca coesione nel gruppo
Il banco delle missioni, la stazione radio (con cui trovare una partita online) e il tavolaccio da cui sbloccare le abilità guadagnate salendo di livello, evidenziano ancora una volta quanto l'offerta ludica manchi di armonia e coesione. Ad esempio, per le missioni non esiste una fase di preparazione, non occorre avere un piano, essere coordinati o conoscere la mappa per imbastire il colpo perfetto. Non c'è, insomma, un collante che riesca a coinvolgere il giocatore e appassionarlo. Una volta selezionata una missione (o più Operazioni in sequenza) è possibile deciderne la difficoltà, che influirà sull'esperienza guadagnata, e applicare una "carta".
Questa feature, vista in centinaia di altri titoli, è solo un modificatore che applica condizioni particolari alla sessione, come cooldown e danni aumentati e così via. Una volta sul campo di battaglia c'è ben poco che possiamo fare, a parte sparare all'impazza a tutto ciò che si muove. Siamo vincolati a un percorso estremamente spoglio e lineare che ci porta ad eseguire in sequenza gli ordini a schermo.
L'unico "ostacolo" è rappresentato da un incalcolabile numero di nemici, capaci però solo di piombarci addosso (o spuntare dal nulla in punti imprecisati) e di suicidarsi senza un chiaro senso logico.
È praticamente impossibile affrontare le missioni con un approccio stealth, le sentinelle vagano in maniera insulsa e, se ci si avvicina troppo, scatta automaticamente l'allarme in tutta la mappa. Insomma, dall'inizio alla fine si spara senza soluzione di continuità e senza grande senso tattico. Le coperture sono un optional visto che, come già detto, i nemici possono apparire dal nulla anche alle nostre spalle. Inoltre, a non essere pervenuta è anche la varietà e la potenza di questi ultimi. Di solito, le varie ondate ci riversano addosso una ingente quantità di soldati semplici, qualche SS e due o tre Flammenwerfer. Nulla di più. Ora ripetete questo mantra all'infinito e capirete che noia e frustrazione sono dietro l'angolo. Gli sviluppatori hanno tentato anche di incentivare i giocatori a rimanere sul titolo e a esplorare i livelli di gioco disseminandoli di piastrine da raccogliere. A seconda della quantità recuperata, a fine missione si ottiene una cassa che può contenere ricompense del tutto causali (bonus exp, carte, oggetti estetici). Purtroppo la trovata sembra esser stata pensata all'ultimo e appiccicata alla bell'e meglio, perché non ha alcun senso d'esistere. Infine, anche la progressione dei nostri personaggi sembra raffazzonata e volutamente "frenata" per aumentare la longevità di un prodotto che, comunque, ha ben poco da offrire e non riesce ad esser divertente nemmeno in compagnia di altri giocatori umani. Riguardo all'esperienza con l'intelligenza artificiale, invece, vi consigliamo di non toccarla nemmeno. I compagni retti dall'I.A. si limitano a seguirci e a rianimarci. Sparano e si muovono in maniera randomica ed è impossibile impartire loro degli ordini, in quanto non sembrano rispondere ai comandi selezionabili dalla canonica ghiera circolare. Insomma, un disastro.
Una Caporetto videoludica
Sotto il profilo squisitamente tecnico RAID World War II può essere tranquillamente considerato una Caporetto videoludica. Il titolo si salva solo ed esclusivamente per i filmati irriverenti con attori in carne ed ossa e per il trailer introduttivo (peraltro già mostrato in occasione di diverse fiere nel corso degli anni). Ecco, proprio il trailer in CG dimostra ancora una volta come non si debba credere a tutto ciò che ci viene propinato. Della epicità vista nel trailer, infatti, non c'è traccia nell'offerta ludica del titolo e, anzi, sembra quasi siano prodotti diversi. Il comparto tecnico è, senza usare giri di parole, indecente anche paragonandolo agli standard delle console di vecchia generazione. Crash improvvisi ci hanno impedito di portare a termine le missioni più di una volta, un'incalcolabile quantità di bug e glitch infesta ogni centimetro digitale del titolo, tanto che in alcuni frangenti sembra di giocare a una early technical alpha. Porte che non si aprono, sovrapposizioni di elementi ambientali, pop up ovunque, muri e altri oggetti invisibili che ci impediscono di continuare la missione, compenetrazioni poligonali all'acqua di rose ed effetti particellari sgranati e (praticamente) bidimensionali rappresentano solo la punta di un iceberg mastodontico.
Sotto il pelo dell'acqua, infatti, si cela tutto il resto: il feedback delle armi e dei colpi non è bilanciato e nemmeno coerente, l'hitbox dei nemici è studiato con pressappochismo e, a completare questo quadro desolante, ci pensa una realizzazione grafica che - forse - sarebbe potuta esser accettabile oltre dieci anni fa.
La modellazione poligonale è a dir poco imbarazzante e riproposta in copia/incolla, la draw distance è inesistente e i potentissimi cali di frame rate (la versione testata è PS4) rendono a tratti impossibile giocare. Inoltre, il titolo soffre di tempi di caricamento insolitamente lunghi: quando un giocatore vuole unirsi a una partita in corso, ad esempio, l'azione (per coloro che stanno già giocando) si interrompe, nell'attesa che l'ingresso del nuovo compagno si completi. A salvarsi, in parte, è il comparto audio con qualche simpatica battuta degli altrimenti anonimi protagonisti di questa devastante disfatta.